[ Salerno Editrice, Roma 2016 ]
La monografia su Verga di Gabriella Alfieri è l’introduzione più aggiornata e completa alla vita e alle opere di Giovani Verga. Data l’importanza dello scrittore siciliano nella letteratura dell’Italia postunitaria e l’impatto delle sue opere sull’immaginario sociale italiano, il libro di Alfieri è anche un’ottima introduzione alla letteratura italiana della seconda metà dell’Ottocento e all’eco che ha avuto nella cultura nazionale successiva. Basti pensare che Verga è stato decisivo per l’emergere dell’immagine dell’Italia come un paese diviso fra Nord e Sud e per la ridefinizione dei parametri del realismo letterario.
Verga inizia con un capitolo dedicato al contesto politico e culturale dell’Italia post-unitaria (I), sullo sfondo del quale Alfieri colloca la vita dello scrittore siciliano (II). I capitoli successivi sono dedicati all’interpretazione delle opere di Verga considerate in ordine cronologico (III-V), alle vicende editoriali e alla ricezione (VI), infine all’analisi linguistica (VII). La monografia di Alfieri combina l’analisi dettagliata dei dati documentari, testuali e contestuali a una visione d’insieme che coglie ciò che è significativo nel lungo periodo. Sono molti gli spunti interpretativi e le discussioni del materiale documentario su cui varrebbe la pena soffermarsi, ma vorrei concentrarmi sull’immagine complessiva di Verga che esce da questa monografia e in particolare su tre motivi per cui è un autore centrale nella storia della cultura italiana moderna.
Come mostra Alfieri, Verga è consapevole della difficoltà di scrivere in un italiano letterario che sia anche strumento di costruzione di una lingua e un’identità nazionali. Come per altri scrittori ottocenteschi, il soggiorno a Firenze gli serve anche a migliorare la conoscenza dell’italiano come lingua d’uso quotidiano. È però solo tardi, con le opere veriste, che Verga riesce a trovare una soluzione innovativa e convincente, costruendo nei Malavoglia un «italiano “etnificato” di base regionale» (p. 18) in grado di rendere l’opacità del mosaico linguistico dell’Italia nel medium trasparente di una lingua comprensibile al pubblico alfabetizzato. A motivare questa scelta linguistica è il tentativo di fare immaginare a lettrici e lettori un’Italia plurale, cioè una comunità politica di cui non si nascondono la diversità interna e anche le fratture: è questo il primo motivo che rende Verga un autore importante. Ma la funzione pubblica della letteratura rimane implicita in Verga, che è fra i primi in Italia a intendere la letteratura come una forma d’arte autonoma da ogni agenda morale o politica e a tentare la carriera di scrittore nel nascente mercato editoriale: ragioni che spiegano il suo trasferimento a Milano (p. 47). E dopo anni di tentativi, Verga riesce infine a conquistare un’autonomia economica grazie al suo lavoro d’artista, rivendicando i diritti d’autore per la riduzione operistica di Cavalleria rusticana (p. 69). Verga è dunque importante per l’Italia anche per l’emergere della figura dello scrittore come un professionista che opera nel mercato editoriale e dell’intrattenimento. Vi è infine un terzo motivo che spiega l’importanza di Verga: è il suo contributo alla ridefinizione del realismo letterario. Nei suoi romanzi e racconti Verga ha cercato di dare forma a una «narrazione delegata» (p. 88) che permette a chi legge di immaginare delle storie non dal punto di vista dell’autore, ma da quello dei personaggi: un impegno che sarebbe culminato con i capolavori veristi, che fanno immergere lettrici e lettori in storie immaginate dai punti di vista di persone diverse, così da rappresentare «la vasta realtà sociale moderna» (p. 118).
Risultato di una ricerca pluridecennale e scritto con grande chiarezza, Verga è sia uno strumento indispensabile per gli specialisti interessati ai recenti sviluppi delle ricerche su Verga in ambito filologico e interpretativo, sia una lettura fondamentale per chiunque s’interessi alla letteratura dell’Italia moderna.
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